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Marija a Tregnago: «Ha steso le mani su di noi»

17
SET
2011
archiviato in medjugorje

Cinquemila, forse qualcuno di meno, a sfidare un sole tremendo, il termometro ben oltre i 30 gradi e l’umidità che te ne fa sentire dieci di più, solo per pregare: sono i «figli» della Gospa, la

Madonna

come si dice in croato, approdati come pellegrini ieri a

Tregnago

per pregare con

Marija Pavlovic

, una dei sei veggenti di Medjugorje.

Dalle 14 è stato afflusso continuo e ordinato lungo via Dei Bandi, quella della chiesa parrocchiale che, com’è per la chiesa di San Giacomo a Medjugorje, è stato il cuore dell’evento. Straordinario lo è stato l’appuntamento, «perché o qua ci sono cinquemila deficenti che non hanno di meglio da fare con ’sto caldo e col sole», ha detto il parroco don Silvano Cantù dall’altare, «oppure è per un altro motivo che stanno in ginocchio a pregare e a piangere. Non è possibile, il mondo non può negare che sotto tutto questo non ci sia nulla. Sotto c’è il Signore, per questo siamo qui: è il grande Gesù che trova mille modi belli per farsi vicino».

Sono le parole con cui risponde ai giornalisti e che sceglie di ripetere dall’altare, durante la sua omelia. A Gesù: a lui conduce la Vergine che per chi ha fede da trent’anni appare a Medjugorje. Accadrà anche qui, dopo la messa:

Marija Pavlovic

è qui per questo, per farsi di nuovo strumento di grazia. E’ lei che guida il rosario: prima i cinque misteri che introduce e inizia. Poi si inginocchia sul marmo dei gradini dell’altare: si sposta all’inginocchiatoio sull’altare solo alla fine, prima di cominciare la serie dei sette Pater-Ave-Gloria scritti nella corona del rosario della tradizione balcanica.

E alle ore 18.54 la sua voce si spegne e lo sguardo si posa fisso sulla statua della

Madonna

alla destra dell’altare: la chiesa piomba nel silenzio, Marija parla ma non emette suoni. Solo una voce di donna rompe il silenzio: gemiti prima, un pianto dirotto poi seguito da un «grazie» pieno di lacrime che si ripete all’infinito. Il tempo, in chiesa come nel prato e nel piazzale attigui, pare fermarsi per cinque minuti: poi Marija si fa il segno della croce e unisce la sua alla voce dei pellegrini nella preghiera di ringraziamento. «La

Madonna

era, come sempre, bellissima, su una nuvola. Indossava un vestito grigio ed il velo bianco. Ha capelli neri, occhi azzurri. Oggi le ho raccomandato tutti e tutte le nostre intenzioni. La

Madonna

è rimasta in silenzio», dice nell’ottimo italiano «guadagnato» col matrimonio con un milanese, «ha ascoltato e ha steso le mani su di noi. Non ha lasciato messaggi, ma il suo sguardo si è posato su ognuno di noi come la sua benedizione che è il messaggio più bello. Anche oggi Gesù ci ha donato la sua mamma».

La gente ripone il rosario che ancora stringe tra le dita, in tanti si asciugano le lacrime: Marija l’ha spiegato prima di iniziarne la recita che «il rosario serve a prepararci per un momento particolare. Io vedrò la

Madonna

e la

Madonna

vedrà voi: è una bellissima occasione per offrire i nostri bisogni e i nostri desideri a Gesù».
Marija è una moglie e una mamma, e con questi occhi posa lo sguardo su un bimbetto con gli occhi azzurri che sta in braccio alla mamma e ha una mascherina sanitaria sul viso. C’è lui e tanti portatori di handicap, tanti malati e sofferenti nei primi banchi della chiesa. E lei racconta che «solo alcuni giorni fa, a Medjugorje, un signore da quindici anni in sedia a rotelle è tornato a camminare». Ne racconta tante di storie così Marija, ma non perde di vista il suo compito: «La

Madonna

appare per dire che siamo di passaggio, che l’uomo si attacca alle cose materiali ma la sua mèta è il paradiso, che esiste, come l’inferno e il purgatorio. Ci invita ad avere il coraggio di pregare perché non importa chi sei, da dove vieni, cosa hai fatto: tutti siamo chiamati alla santità e lei ci indica la strada».
Lo ricorda Marija che la

Madonna

inizia i suoi messaggi con la frase «cari figli». Lo aveva detto anche il parroco: «Oggi si prega anche per il nostro vicino di banco: è lì che si compie il miracolo».
di Paola Dalli Cani, tratto da www.larena.it

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