Con Francesco varchiamo la porta della fede - parte 1
Appunti della relazione di Don
Chino Biscontin
: «Sono grato a Francesco e quindi alla famiglia francescana, per questo sono contento di essere qui con voi oggi. Il Papa ci chiede di riflettere sulla
fede
e noi lo facciamo in prospettiva francescana.»
MO.FRA.NE. - CAPITOLO DELLE STUOIE - Sarmeola 27 ottobre 2012
Un’ottima lettura, divisa in più parti riguardante la relazione di Don
Chino Biscontin
, insegnante di teologia a Pordenone, dove vive, e a Padova. Ha pubblicato libri e articoli di teologia e pastorale.
Una situazione difficile per la nostra fede
Per una comprensione delle difficoltàInnanzitutto facciamo una premessa: si parla di qualcosa quando e perché fa problema: la
fede
sta vivendo un momento molto difficile soprattutto nelle nostre società occidentali.
A livello mondiale tutte le forme di cristianesimo, non solo quello cattolico, conoscono una grandissima espansione (in America Latina, Asia, Oriente … popoli che si affacciano con tutto il loro peso anche sui mercati mondiali). Questa crisi è un fenomeno quindi occidentale e nostro, che viviamo la forma cattolica della
fede
cristiana: stiamo attraversando un momento di seria difficoltà.
Ci rivolgiamo a
San Francesco
perché Dio si è rivolto a Francesco quando ottocento anni fa la Sua
Chiesa
andava in rovina; non volete che ora che Francesco è in cielo non si pieghi a sostenere la
Chiesa
che va di nuovo in rovina? Immagino Francesco che mette di nuovo la sua spalla a sostenerla come nel dipinto di Giotto.
Nel nostro occidente si è diffusa una cultura individualistica e materialistica; l’individuo percepisce se stesso come centro del mondo: vede i suoi diritti e non tiene conto del suo prossimo che ha gli stessi diritti che per lui diventano doveri. Ne vediamo molti esempi, in politica si chiama “liberismo”.
Gli esseri umani vivono soprattutto fuori di se stessi o nella zona di superficie del loro essere, pulsioni e sensazioni, ma quello che è l’interno viene trascurato. Sembra che non riusciamo a trasmettere la
fede
alle generazioni più giovani: anche le famiglie praticanti non riescono a trasmettere l’esperienza di
fede
ai loro figli. Se non riusciamo a trasmettere la
fede
ai giovani, il futuro della
fede
è a repentaglio.
La causa generale è l’atmosfera diffusa che rende improbabile ai giovani oggi percepire qualcosa del Vangelo. Lo preannunciava già Gesù: “E’ più facile che un cammello entri nel regno dei cieli“ piuttosto che un ricco materialista. La causa immediata è che purtroppo gli adulti vengono da un impianto pastorale di secoli e secoli, e quindi potente, che ha saputo sì formare
cristiani
anche di grande levatura, perfino eroici, ma che vivevano di docilità e obbedienza alle figure gerarchiche della
Chiesa
e non si appropriavano delle ragioni fondanti della
fede
. Finché la situazione culturale è stata quella, è andata bene, ma dopo la trasformazione culturale, che è stata velocissima, questo tipo di cristiano non ce la fa più.
È il caso di allarmarsi così tanto per la crisi della fede
nelle nostre terre?
Per me che sono un prete diocesano, certo, perdo clienti, ma a livello generale? Se il figlio non rimane attaccato alla
fede
i genitori si rassegnano, molto più facilmente di quanto farebbero se interrompesse il corso di studi. Molta gente vede la continuazione cristiana come un optional: se c’è bene, se no, si va avanti lo stesso. In realtà, per la
fede
vale come la salute: quando ce l’hai, è la cosa più normale, quando la perdi ti accorgi di quanto era importante.
Se sono in un treno a 180 km /h e la locomotiva si guasta, il treno continua per qualche km e io non mi accorgo e non mi preoccupo, poi a un certo momento si fermerà. Noi viviamo ancora di una enorme tradizione cristiana alle nostre spalle, ma ora essa si sta inceppando nella trasmissione ai giovani. Proviamo ad immaginare l’eventuale esito negativo del recupero che stiamo cercando di operare: tornate mentalmente nelle vostre case e conventi e immaginate un grande compasso che gira tutto intorno su un territorio di 20 km di raggio: è il vostro territorio familiare. Immaginatelo se fosse privo di cristianesimo. Tira via tutti i campanili, (come è accaduto in Terra Santa dove accanto ogni santuario cristiano è stata costruita una moschea e un minareto che deve essere più alto del campanile) o pensate in Friuli ai poggi, poi porta via chiese e cappelle, dove celebriamo i sacramenti, al posto della chiesa ci trovate un parcheggio, un ipermercato o un parco; che senso hanno ora i preti, gli istituti di religiosi e religiose? Porta via anche quelli e insieme i loro inquilini: non ci sono più chiesa, parrocchia e conventi e le realtà che essi curavano. Oltre a quelle di carattere sociale, quando nasce un bambino non c’è più quel rito che ricorda ai genitori che il figlio è innanzi tutto figlio di Dio: ora il figlio è proprietà dei genitori e può nascere da una donna di sessanta anni, che prima non ha voluto figli perché avrebbero limitato la sua libertà e lo vuole ora, senza preoccuparsi che quando avrà dieci anni lei ne avrà settanta. Quando uno muore non c’è più un’ attività simbolica che ricorda che la persona è più grande del proprio corpo, esiste solo un problema di stoccaggio di salme, meglio se compattate nei crematori …
Ma ancora: dentro le coscienze togliete ciò che la tradizione cristiana ci ha consegnato: per es. che è nobile perdonare, mentre ora la legge dice che se sei offeso, devi vendicarti, e devi farlo in modo pubblico e notorio, e se non hai coraggio, devi farlo per te e per la tua famiglia, è un dovere per mantenere il valore della famiglia … il dovere sacro di vendicarsi. Oppure che è nobile soccorrere gli altri, mentre al suo posto la regola è che se ti fermi ad aiutare quelli che cadono, rallenti il cammino di tutta la società (è interesse della società che un terzo delle persone sia all’inferno nella crisi economica, così gli altri due terzi sputano l’anima pur di non cascarci anche loro e per produrre: avrete tutti capito che è il PIL la nostra nuova divinità che deve sempre crescere).
Voi volete che i vostri figli e nipoti vivano in questo mondo? Il problema è enorme: la spalla di
San Francesco
non sentiva un cuscino quando sosteneva la chiesa, troppo importanti sono i beni che il cristianesimo garantisce per poterci così facilmente rassegnare.
Contemporaneamente alla crisi ci sono i fenomeni di nuova religiosità che meritano attenzione: hanno cose da insegnarci e destano preoccupazione soprattutto a chi in parrocchia tiene conto della comunità; la grande importanza attribuita agli stati emotivi, al miracolismo; i gruppi che si configurano a setta e si ritengono migliori degli altri, riproponendo uno schema farisaico di vita e un protagonismo di figure che mediano la vicinanza con Dio. Cose che fanno pensare e danno anche grattacapi.
E’ una difficoltà grande sentita non solo o tanto dai preti, ma soprattutto dai laici: al prete succede spesso di parlare a gruppi di laici che sono credenti, per voi invece basta che in Vaticano ci sia il minimo scandalo e subito siete voi i colpevoli, subito vi aggrediscono perché i veri
cristiani
che ci tengono davvero sono una minoranza. E’ una situazione inedita, prima c’era una
cristiani
tà, tutti erano
cristiani
, dire “un cristiano” era dire uno qualunque, ora un cristiano che ci tiene a vivere da cristiano è la minoranza, vive pressioni, aggressioni, emarginazione, difficoltà (chiedetelo agli omosessuali se non ci credete). Questo per capire che il problema è grave.
fine parte 1