The Vajont disaster and the vision of Don Guido Bortoluzzi
Sono trascorsi cinquant’anni dalla
tragedia
del
Vajont
, avvenuta il 9 ottobre 1963: una gigantesca frana staccata dal Monte Toc fece tracimare le acque del bacino, provocando la distruzione di paese interi e la morte di 1.910 persone.
Recentemente, sono venuto a conoscenza della storia di Don
Guido Bortoluzzi
, morto nel 1991. Tra il 1968 e il 1974 ricevette dal Signore 8 rivelazioni sulle origini della Terra e l’Uomo, di cui ne parleremo la prossima volta. Oggi vi racconto la sua visione avuta nel 1945, riguardante la catastrofe del
Vajont
e tratta dal sito genesibiblica.eu
Nel primo anno del suo ministero a Casso egli ebbe un sogno profetico.
Vide, con 18 anni d’anticipo, l’enorme frana staccarsi dal monte Toc invadere il bacino del lago del
Vajont
e l’acqua tracimare con forza oltre la diga e incanalarsi spaventosamente per la stretta e ripida valle che porta a Longarone.
Vide la massa d’acqua scendere precipitosamente a zig-zag verso il paese e spazzare via case, strade, piazze, chiesa, municipio, cimitero... quindi l’enorme distesa piatta e gialla di limo ricoprire ogni cosa appiattendo tutto. Vide i morti e quelli che stavano per morire mentre annaspavano disperatamente fra gli spasimi cercando di salvarsi. Ne riconobbe molti, fra i quali anche l’Arciprete di Longarone mons. Bortolo Làrese e il suo cappellano e parente don Lorenzo Làrese.
Sconvolto, cercò di responsabilizzare i paesi interessati inviando ai rispettivi sindaci e parroci lettere circostanziate. Descrisse perfino la linea di demarcazione tra le case che sarebbero state travolte e quelle che sarebbero rimaste illese.
Ma, a quell’epoca, la diga e il lago del Vajont
non c’erano ancora e, dunque, non fu preso seriamente. Tutti ne risero, ma molti di costoro persero la vita diciott’anni dopo. Incominciava così per don Guido il calvario di essere considerato un personaggio strano.
Don Guido però non rivelò nelle sue lettere e nei suoi appunti la descrizione di una scena che, nella medesima visione, precedeva la catastrofe e che mi raccontò a viva voce. Vide snodarsi lungo le vie di Longarone una processione formata da alcuni giovinastri che portavano infilati su bastoni i genitali 37 di bovini raccolti al macello comunale intonando frasi blasfeme e irripetibili sull’aria delle Litanie Lauretane: “Santa..., ora pro nobis” con evidente atteggiamento di scherno. Dedusse che l’episodio avvenne qualche ora prima della caduta della frana dalla luce del tramonto della scena che vide.
Il fatto che il Signore abbia fatto vedere a don Guido la catastrofe in stretta sequenza logica con quella infelice e blasfema processione ci spinge a credere che fra i due eventi ci fosse un nesso per far capire a noi uomini come un nostro comportamento irrispettoso possa alienarci la protezione di Dio.
Dio non castiga: Dio, quando viene respinto, solamente si astiene dalla Sua protezione nel rispetto della libertà che ha dato all’uomo.
Don Guido tuttavia ripeteva: “È improprio chiamarlo
castigo
di Dio perché Dio non è vendicativo. Non è Dio che manda i castighi, anche se questo è il termine che usa la Bibbia per far intendere che tra due fatti c’è un nesso di causa-effetto. Il
castigo
ce lo diamo noi stessi perché è la naturale conseguenza dell’allontanamento dalla protezione di Dio. Purtroppo in questi casi vengono coinvolti degli innocenti.
Ma la colpa non è di Dio. Anzi, stiamone certi, Dio è vicino alle vittime innocenti e spiritualmente le sostiene. Dio ha a cuore la salvezza di tutti, quella eterna. Inoltre, la parte più pesante della sofferenza, specialmente quella degli innocenti, la porta Lui stesso. Certo è che se il Signore mal sopporta che Lo si bestemmi, non permette che s’insulti la Vergine Immacolata!”.
Ovviamente il cedimento del Monte Toc era già in corso da mesi. È chiaro che non si può attribuire a Dio l’improvviso franamento perché è un fatto naturale. La protezione di Dio non evita le calamità naturali, ma può evitare che si assommino gli errori umani e, in particolare, che le persone arrivino alla conclusione della loro vita impreparate.
Al tempo della sciagura del
Vajont
, avvenuta nella tarda serata del 9 ottobre del 1963, don Guido da dieci anni era partito da Casso ed erano passati diciott’anni dalla visione. Molti avevano dimenticato la sua
profezia
ed erano andati incontro alla morte.