Esperienza personale con Giovanni Paolo II
visita pastorale
nella nostra diocesi e precisamente a
Concordia Sagittaria
. Saputo dell’evento eccezionale e approfittando della giornata festiva non ci pensai su un attimo a prendere la mia macchina fotografica e recarmi nella cittadina, distante solo pochi chilometri da
Portogruaro
, dove abito.
L’intento era fare qualche bella fotografia al papa che da sempre ammiravo soprattutto per la sua umanità, ma mai più avrei immaginato di riuscire ad avvicinarmi così tanto a lui, meno ancora di potergli stringere la mano!
In realtà, appena giunto nei pressi del duomo, mi resi conto che avrei dovuto compiere un’impresa per poterlo vedere solo da lontano, visto la quantità enorme di gente stipata lungo il percorso che era stato predisposto per il suo spostamento dal campo sportivo alla chiesa.
Da bravo e sicuramente molto fortunato foto-reporter, non vidi altra soluzione che risalire il fiume di persone dirigendomi verso il campo di calcio, sperando che fosse una zona meno affollata e nel momento in cui, non so come, riuscii ad entrare attraverso una porta secondaria nell’impianto sportivo, mi resi conto di quanto giusta fosse stata quella scelta: davanti a me c’era solo il comitato di benvenuto con poche altre persone e mi ritrovai senza alcun problema a ridosso del tragitto che il papa avrebbe percorso scendendo dall’elicottero, atterrato proprio in quell’istante a centro campo, per arrivare all’auto che lo avrebbe condotto alla piazza.
Credetemi quando dico che non so come le foto siano venute così a fuoco, visto l’enorme emozione che provavo in quella situazione: vedere
Karol Wojtyla
scendere la scaletta e venirmi praticamente incontro mi fece tremare le gambe, ma non potevo certo bloccarmi proprio sul più bello! Incominciai a scattare foto senza rendermene conto, quasi a giustificare la mia presenza lì, fin troppo vicino al pontefice. Riuscii a realizzare 5-6 buoni scatti prima che l’inquadratura non divenne troppo stretta, il ché mi obbligò ad abbassare la macchina fotografica: se prima mi tremavano le gambe, ora ero al limite della paralisi, ma feci uno sforzo e gli porsi la mano proprio nell’istante in cui mi guardò.
Fu allora che successe ciò che non mi sarei mai aspettato e che tutt’ora è uno degli episodi della mia vita che ricordo con maggior gioia: una delle guardie del corpo che circondavano il papa, sicuramente senza rendersene conto visto la tipica visuale a medio-lungo raggio che adottano in questi casi, mi scostò la mano ormai tesa, passando tra me e il pontefice che però, inaspettatamente, attese il passaggio della guardia, dopo di che fu lui stesso a porgermi la mano che strinsi provando un’emozione indescrivibile.
Lo vidi salire sull’automobile ed allontanarsi tra le migliaia di persone che lo avrebbero voluto anche solo sfiorare, mentre io restavo lì immobile, incredulo di ciò che era successo, folgorato da un gesto così fraterno e commovente, contento come un bambino di averlo ricevuto. Probabilmente
Karol Wojtyla
è stato l’uomo ad aver stretto più mani al mondo e, da come ha stretto la mia, ho capito che lo ha fatto nella maniera più sincera, ottenendo ciò che molti vorrebbero conquistare, ma che pochi sono riusciti effettivamente a concretizzare: la stima di milioni di persone, se non i loro cuori.
di Daniel Miot - 8 ottobre 2008