I segni di Maria, reportage da Medjugorje
Il racconto del pellegrinaggio a
Medjugorje
di Fabio Torriero, giornalista di intelligonews.
Medjugorje
. Una grande chiesa bianca che si staglia verso il cielo azzurro. Monti aspri e brulli che salgono fino in Paradiso. Paradiso che scende sulla Terra. E ci parla. E ci salva.
Medjugorje
è chi batte le mani, chi sta in silenzio durante l’Adorazione, chi fa la comunione e piange a dirotto, chi guarda in alto verso il sole aspettando un
segno
; sono i bambini che dicono con voce dolce e stentata, a mo’ di fiaba, il Santo Rosario; sono le canzoni, i fazzoletti variopinti; è l’incrociarsi di pellegrini di tutte le nazioni, con bandiere e cappelli colorati; pellegrini che intonano canti religiosi e pregano.
E’ sudore vero, è caldo, è freddo. Stanchezza e felicità.
Medjugorje
sono i sacerdoti di frontiera e di trincea, sono i tossicodipendenti, gli orfani di guerra, i tanti convertiti e i tanti miracolati. Sono i veggenti e le testimonianze di chi ci è stato, di chi ci è tornato, di chi ci va sempre. Santità e lacrime vissute sulla propria pelle, dentro le scarpe, nei vestiti, e a piedi nudi (spesso sanguinanti). Dio qui si tocca con mano. Dio vissuto, amato, cercato, mangiato, respirato.
Medjugorje
è tutto e il suo contrario. Pure le maldicenze, il gossip sui veggenti, la mafia bosniaca che appalta e controlla alberghi e pullman. Un business allettante (negozi, simboli, oggetti di culto) in mano agli eredi moderni dei mercanti del Tempio. Un luogo neutro, una zona franca tollerata dalle autorità politiche, che porta ancora i segni “diversi” della recente guerra civile. Una terra martoriata, che ha visto prima la dittatura comunista di Tito, poi la carneficina, nel nome di un primato etnico e di una identità religiosa, usate strumentalmente per legittimare soltanto governi-persona e caste tiranniche.
Ma non importa. Dove c’è Dio, Gesù e la
Madonna
, c’è anche il diavolo. E’ l’eterna lotta tra il bene e il male. Ciò che conta è la speranza. Sono le conversioni del cuore, le guarigioni dell’anima (prima che del fisico), l’oceano vociante delle confessioni a cielo aperto. “Siamo tutti non perfetti, ma perdonati”, ha detto un sacerdote durante l’omelia. Una fratellanza universale che entra nei polmoni, nella carne. Nel valore unico e supremo della relazione.
1 maggio. La veggente, ma sarebbe meglio chiamarla mistica, Vicka, come preannunciato, deve parlare. Offrire la sua testimonianza. La sua casa (in realtà è l'orfanotrofio di suor Cornelia - ndr), leggermente decentrata, rispetto ad un centro abitato, scomposto e disordinato, popolato da ex case rurali, oggi neo-casette-bene, di primo mattino è già occupata da un’enorme folla umana. Ancora una volta, canti, preghiere, il Rosario, svenimenti, sguardi ispirati e curiosi. E un forte odore di erba e di fiori, provenire dal basso, “genius loci” arcaico e arcano.
C’è chi aspetta il miracolo, il Segno venire dall'alto, e forse anche io. Nel cielo limpido, infatti, si vedono chiaramente tre immense croci bianche formate da nuvole. Ma, nonostante il Segno evidente, non esulto, mi sembra stranamente normale; percepisco dentro di me, come se fosse la voce della mia coscienza, che il tema non è il
segno
esterno, il problema sono io, è la mia disposizione d’animo, la mia lettura mentale; sono le mie categorie culturali, razionali, la mia apertura alare limitata.
Mi faccio una domanda: “Se mi fossi trovato di fronte a Giovanni Battista, nel deserto, intento a battezzare folli, invasati, disperati, peccatori, penitentes; se l’avessi ascoltato declamare i Salmi e annunciare solenne il Regno, cosa avrei pensato, provato? Le stesse cose che sto provando e pensando qui. Avrei visto forse le stesse persone che sto vedendo qui. Allora come ora. Loro come me. Tutto è uguale. Tutto è lo stesso. Dipende soltanto dal cuore.
Il messaggio di Vicka è chiaro e mi inchioda: “
Non leggete, non parlate, ma sentite Dio… la preghiera del cuore… pregate col cuore, pregate per il piano di Dio su di voi”. Come volevasi dimostrare.
Ecco il punto: questo è stato il senso profondo della mia conversione a 50 anni. “Il piano di Dio su di me”, le grazie che mi sono arrivate partendo dalla consapevolezza della mia fragilità. Dio che scrive righe dritte sulle righe storte.
La trasformazione, la nuova identità (stare nella relazione con Dio), la missione (portare il perdono). E soprattutto la bellezza; la bellezza della vita, del Vangelo, della Parola, del saper puntare sul bello, sul buono. Esattamente come Vicka quando ricorda le risposte date da Maria a loro, piccoli contadinelli, durante le prime apparizioni: “Perché sono bella? Perché amo”. Io, la conversione non l’ho cercata, mi è arrivata, come una chiamata. Un atto d’amore ricevuto. Che spetta a me adesso rendere.
Vicka conclude con le armi semplici e millenarie dei cattolici: “Confessione, digiuno, preghiera, Bibbia, Santa Messa”. “
Medjugorje
non è un evento, ma un’esperienza. Cerchiamo lo straordinario, non lo strano”.
Faccio mie le parole del nostro accompagnatore: don Paolo Lojudice, neo vescovo, che ci ha fatto da padre spirituale e da confessore. Un’altra grazia. Come la visita al Villaggio della Madre che ospita e accoglie da decenni gli orfani della guerra, i figli della disperazione e della solitudine. Una comunità voluta da padre Slavko Barbaric, un’icona storica di
Medjugorje
. Vedere quei bambini diventati ragazzi sorridenti, offrire al mio gruppo di pellegrini del succo di melograno, mi ha spinto ad una considerazione intellettuale: se il comunismo, col suo ateismo di Stato ha rafforzato specularmente, per reazione, l’identità cattolica, il pericolo ora è il relativismo, il nichilismo o peggio, lo scippo dei messaggi cristiani dentro una nuova religione umanitaria, buonista e secolarizzata.
Se la Chiesa disconoscerà Medjugorje
la lascerà in mano a guru improvvisati e santoni di professione. In una parola, alle sette, al pensiero magico, funzionale all’ateismo.
Il Grande Crocifisso con la “M” di
Medjugorje
col Cristo adagiato sul dorso, rispecchia l’inizio della mia conversione: le lacrime che diventano sorgente (“Beati gli afflitti, saranno consolati”). Alla Santa Messa ricevendo la comunione mi commuovo. E’ la prima volta che accade.
2 maggio. Appuntamento alla Croce Blu, la veggente Mirjana incontra la
Madonna
. E’ l’apparizione attesa, come ogni 2 maggio (... come ogni 2 di tutti i mesi - ndr). Piove, la folla sterminata cammina a fatica facendosi largo tra sterpaglie, siepi, viottoli, sentieri fangosi, pieni di pietre. Specchio del cammino della nostra vita. Il fango che ci fa fare un passo avanti e due indietro. Tanti spintoni, preghiere, canti.
All’ora stabilita tutto si ferma, la natura si ferma, gli uccelli smettono di cantare. I pellegrini attendono. Un silenzio di migliaia di persone che sembra inondare la terra. Intercede Mirjana: “La
Madonna
chiede di pregare per i sacerdoti. E’ preoccupata per i giovani, si stanno perdendo”. Affido mio figlio alla
Madonna
. E prego per i tanti sacerdoti che ho conosciuto, che amo, strumenti della Provvidenza che hanno accompagnato il mio cammino (il mio amico di infanzia ritrovato don Fabio Rosini e Padre Roberto Pasolini, padre Andrea). Ringrazio i 10 Comandamenti, i 5 sensi, i 7 segni, il Padre Nostro, le Beatitudini (la formazione di Don Fabio): la Parola, l’ascolto, l’obbedienza, il perdono. Se sono qui è per il benevolo, paterno, schiaffone di Gesù. I sacerdoti devono essere aiutati, sostenuti. Contribuiscono a salvare le nostre anime. Sono esposti a tanti, troppi, attacchi.
Salgo sul monte Podbrdo che costeggia la Croce Blu. Il percorso è sempre più accidentato. Penso alla parabola del chicco di grano: quanto è simile, talvolta, il mio cammino di fede al chicco che casca sui sassi, fa crescere velocemente il grano che, però, soffoca subito. E’ la religione emotiva, fatta di scelte estemporanee, sentimentali, senza fondamento. Salgo verso la cima (dove c’è la statua della
Madonna
, delle altre apparizioni, e un altro Crocifisso), col proposito di far cadere la parola di Dio (il chicco di grano) sulla terra fertile, feconda, dopo aver attraversato, ovviamente, il terreno di spine (ogni scelta implica una rinuncia, ossia l’uomo vecchio, gli idoli che, come le spine, fanno male, ma che garantiscono il vino nuovo).
Pomeriggio. Il Cristo risorto (dietro la chiesa principale), che trasuda dalla gamba destra del liquido organico (non è stato accertato - ndr), che tutti accarezzano con fazzoletti, che tutti usano come unguento miracoloso per i propri e altrui mali, mi riconcilia con l’Apostolo Tommaso e con l’Emorroissa, che ha voluto toccare un lembo del mantello di Cristo: toccare non è paganesimo, ma esperienza personale, incontro, anche fisico, come Gesù incarnato, vero Dio e vero Uomo.
L’Adorazione notturna è un’esperienza magnifica. Un silenzio mistico che avvolge e affratella migliaia di persone, rotto solo dal canto di Dio, nella voce melodiosa (“Gesù ti ama e tu?”), e negli arpeggi virtuosi della chitarra di Suor Angelica, che il giorno dopo, durante l’incontro nella sua Comunità, dei Figli del Divino Amore, mi dirà: “Torna presto, ti aspetto”.
La notte stellata si spegne (o si accende), lasciando una piccola stella solitaria e spendente: a forma di croce (secondo
segno
). Proprio nel posto dove il giorno dopo sorgerà il sole. Penso alla Stella del Mattino.
3 maggio. “Noi siamo tralci, lui è la vite”. Il sacerdote alla messa, ci parla del Dio creatore, Redentore e amico.
Per la seconda volta mi commuovo all’Eucarestia. La Comunità di Madre Rosaria mi sfonda il cuore e buca l’anima: la testimonianza di Michele, ex tossicodipendente, poi convertito, in odore di diventare sacerdote, è un altro
segno
. La
Madonna
è la relazione tra noi, peccatori, perdonati, convertiti, uomini nuovi. Al pranzo comunitario incontro
Silvia Buso
, una ragazza che ricorda nella sua freschezza e disponibilità, la semplicità delle nostre valli alpine, con un sorriso interiore bellissimo: costretta sulla sedia a rotelle, paralizzata,
grazie a Medjugorje è tornata a camminare. E oggi lascia il testimone a ogni pellegrino.
Sotto la Croce del monte Krizevac, dopo aver camminato per le stazioni della via Crucis, saltando il mio gruppo (la strada della salvezza è diversa per ognuno. Ognuno ha i suoi tempi e le sue modalità, cioè la Vigna del Signore), ma sovrapponendomi agli altri gruppi, rubando l’eco di Rosari, canti e preghiere e spiegazioni di ogni tipo, prendo una decisione. Prendo il mio lettuccio (dolce) e affido il mio peso di uomo, padre, marito, ex marito, giornalista. Mi libero. Con
segno
nelle mani della
Madonna
le mie dipendenze affettive, la superbia, i miei sensi di colpa, l’ego anche cattolico.
E cosa ho ricevuto in cambio dal pellegrinaggio di
Medjugorje
? La pace del cuore, il silenzio, l’ascolto di Dio, l’emozione della preghiera, della comunione, la bellezza della fratellanza col mio gruppo (dalle guide Roberta e Stefano, dalla co-guida Esmeralda a Marco e Silvia, da Massimo e la moglie Simonetta, da Anna Lucia a Marella, da Caterina ad Antonella, da Alfonsina a Maria Teresa, a Paola, da Claudia a Monica, etc). Ma in primis, un abbraccio a mia moglie Marta.
Ho camminato tra perdonati, mi sono abbandonato e ho ricevuto la bellezza della coccola, della protezione, della carezza di essere figlio di Maria. Maria che mi ha fatto conoscere e amare più da vicino suo figlio: Gesù.
Ho affidato mio figlio alla
Madonna
e la
Madonna
mi ha risposto.